03 marzo 2009

IL GIARDINO DELL'EDEN: Missione e Testamento di Giuseppe dopo l'esperienza di Premorte

Questa comprensione era cominciata dacchè avevo assistito alla creazione della terra. Lì avevo constatato le differenze fra Adamo ed Eva. Vidi che Adamo era soddisfatto della propria condizione nel Giardino, mentre Eva era più irrequieta. Eva desiderava disperatamente diventare madre ed era disposta a scegliere la mortalità pur di riuscirci. Eva non è “caduta “ in tentazione, ha preso una decisione consapevole e ha creato le condizioni perché si realizzasse ciò che voleva. E’ alla fine riuscita nel suo intento perché Adamo ha mangiato il frutto proibito.

Questo loro atto ci ha dato la capacità di procreare, ma ci ha anche reso mortali. Vidi lo Spirito di Dio vegliare su Eva e compresi che il ruolo della donna sarebbe stato unico al mondo. Ho visto che l’emotività permette alla donna di essere più recettiva all’amore e allo Spirito di Dio. Compresi che il suo ruolo di madre le permette di avere un rapporto sociale con Dio, in quanto anch’essa creatrice.

Ma ho visto anche quale pericolo Satana avrebbe rappresentato per la donna. Il demonio sarebbe ricorso sulla terra alla stessa tentazione utilizzata nel Giardino dell’Eden. Avrebbe cercato di distruggere le famiglie, e quindi l’umanità, tentando la donna. Il suo progetto era ovvio. Avrebbe attaccato la donna attraverso la sua irrequietezza, usando la sua emotività, la stessa emotività che aveva spinto Eva a compiere ciò che Adamo non si sarebbe neanche sognato. Vidi che avrebbe insidiato il rapporto fra marito e moglie, allontanandoli l’uno dall’altra, usando il sesso e l’avidità per distruggere la famiglia. Vidi che i figli avrebbero sofferto per queste famiglie divise, che le donne si sarebbero sentite in colpa e spaventate per il futuro. Satana sarebbe ricorso proprio al senso di colpa e alla paura per impedire alle donne di realizzare la loro missione divina sulla terra.

Mi è stato detto che se Satana riesce a impossessarsi delle donne, allora anche gli uomini cadranno facilmente. Così, cominciai a vedere la differenza nei ruoli fra uomini e donne, compresi la loro bellezza e necessità. Forte di questa nuova consapevolezza, non ebbi nessuna reazione davanti a quel Consiglio. Accettai il fatto che loro avessero il loro ruolo e io il mio. Le donne emanavano amore nei miei confronti, poi mi chiesero se volevo rivedere la mia vita. Sembrò più un ordine che una richiesta. Esitai, a nessuno farebbe piacere rivedere la propria esistenza di mortale in quel luogo di purezza e amore. Ma loro insistettero che era importante, così acconsentii.

Una luce comparve al mio fianco, e percepii l’amore del Salvatore. Mi spostai a sinistra per guardare. Successe tutto in quella stanza. La mia vita mi comparve sotto forma di quel che potrei indicare come ologrammi ben definiti, ma tutto procedeva con una rapidità incredibile. Restai stupito dal fatto che potessi recepire così tante informazioni a una tale velocità. Comprendevo più di quanto ricordavo fosse successo nella mia vita.

Non solo rivissi ogni emozione che provai in ogni istante, ma anche quelle degli altri. Percepii i loro pensieri e i loro sentimenti nei miei confronti. C’erano momenti in cui riuscivo a leggere le cose in modo nuovo. Sì, dicevo a me stesso, oh, sì! Adesso capisco. Beh, chi l’avrebbe detto? Comunque , ha senso. Poi vidi le delusioni che avevo dato agli altri e mi sentii terribilmente in colpa. Percepii tutte le sofferenze che avevo causato. Cominciai a tremare. Vidi quanto dolore avevo provocato a causa del mio caratteraccio, e sentii quello stesso dolore. Vidi il mio egoismo, e il pianto fu un sollievo per il mio cuore. Come avevo potuto essere così insensibile?

Poi, nel mezzo del mio dolore, sentii l’amore che quegli uomini nutrivano per me. Guardavano la mia vita con comprensione e compassione. Tutto ciò che mi riguardava venne preso in considerazione, come ero cresciuto, le cose che mi erano state insegnate, il dolore infertomi dagli altri, le opportunità che mi erano state date e negate. Mi resi conto che quel Consiglio non mi stava giudicando. Io stavo giudicando me stesso. Il loro amore e la loro compassione erano assoluti. Il loro rispetto per me non sarebbe mai mancato.

Fui particolarmente grato per quell’amore mentre rivivevo la fase successiva della mia vita. Mi fu mostrato quello che definirono “l’effetto catena”. Vidi quanto spesso avevo frainteso le persone e quanto spesso queste, a loro volta, avevano commesso lo stesso errore. Questa catena continuava di vittima in vittima, come il gioco del domino, fino a tornare al punto di partenza, ossia a me, il colpevole. L’effetto a catena tornava sempre al punto di partenza. Avevo offeso più persone di quanto immaginassi; il mio dolore divenne insopportabile.

Il Salvatore si chinò verso di me, preoccupato e pieno d’amore. Il suo Spirito mi diede forza, affermò che stavo giudicando me stesso troppo severamente. “Sei troppo duro con te stesso”, disse. Poi mi mostrò l’altra faccia della medaglia dell’effetto a catena. Vidi me stesso compiere un atto di gentilezza, un semplice gesto di altruismo, e vidi verificarsi di nuovo l’effetto a catena. L’amico con cui ero stato gentile fu gentile a sua volta con i suoi amici, e l’effetto a catena si ripetè. Vidi l’amore e la felicità scaturire nella vita di queste persone solo per quel semplice gesto che avevo compiuto. Li vidi vivere la loro vita con gioia e in modo significativo. Il mio dolore si trasformò in gioia. Sentivo l’amore che provavano e la loro felicità. E tutto questo era scaturito da un gesto d’amore.

Un pensiero esplose dentro di me, e continuai a ripeterlo mentalmente, innumerevoli volte: “L’amore è l’unica cosa che conti veramente. L’amore è l’unica cosa che conti veramente, l’amore è gioia!” Rammentai questo verso delle Scritture: “Io sono venuto perché abbiano vita, una vita vera e completa” (Giovanni 10:10), e sentii la mia anima piena di gioia. Sembrava tutto così semplice. Se siamo gentili, saremo felici. Subito dopo feci questa domanda: “Perché prima non lo sapevo?” Gesù, o uno degli uomini presenti, ispirò dentro di me la risposta. Entrò nel mio animo così profondamente da cambiare per sempre la mia visione delle cose: “Per conoscere la felicità, bisogna prima aver conosciuto la sofferenza”.

Tutte le mie esperienze ora assumevano un diverso significato. Mi resi conto che non avevo commesso veri errori nella mia vita. Ogni esperienza era uno strumento per la mia crescita. Ogni evento negativo mi ha permesso di comprendere di più me stesso, fino ad arrivare a evitare le esperienze negative. Vidi anche come ero migliorato nell’aiutare gli altri. Vidi persino che molte delle mie esperienze erano state determinate dagli angeli custodi. Alcune erano tristi, altre gioiose, ma Tutte erano state previste per portarmi a un certo livello di conoscenza.

Gli angeli custodi erano rimasti sempre accanto a me durante le mie traversie, aiutandomi in tutti i modi possibili, Il loro numero variava a seconda dei miei bisogni. Nel rivedere la mia vita mi resi conto che spesso ripetevo gli stessi errori finchè alla fine non imparavo la lezione. Ma più apprendevo, più porte si aprivano davanti a me. E nel vero senso della parola. Molte delle cose che pensavo di aver fatto da me stesso si rivelavano poi essere volute dal Divino.

Così la rapida introspezione della mia vita da negativa divenne positiva. La visione di me stesso cambiò, vidi i miei peccati e le mie mancanze in una luce multidimensionale. Certo, ci sarebbero state delle altre sofferenze, ma adesso le vedevo per quelle che erano, ossia il mezzo per correggere il mio pensiero e il mio comportamento. Compresi che i peccati perdonati vengono cancellati. E’ come se venissero coperti da una nuova consapevolezza, da una nuova direzione nella vita. Questa nuova conoscenza mi porta ad abbandonare naturalmente il peccato. Ma anche se questo viene cancellato, la parte istruttiva dell’esperienza resta. Il peccato perdonato contribuisce alla crescita e aumenta la capacità di aiutare gli altri.

Questa profonda consapevolezza mi ha dato la forza di cui avevo bisogno per perdonare veramente me stesso. E compresi che il perdono di sé stessi è il punto di partenza di ogni possibile perdono. Se non sono capace di farlo con me stesso, è impossibile che perdoni gli altri veramente. E io devo perdonare gli altri. Quel che si semina si raccoglie. Se voglio perdono devo prima perdonare. Notai, inoltre, che il comportamento che più mi irritava negli altri, che più criticavo e che ero meno disposto a perdonare, era quasi sempre un comportamento che io stesso avevo, o temevo di avere. Non volevo vedere negli altri le mie debolezze, potenziali o meno. Vidi quanto l’avidità per le cose di questo mondo possa essere dannosa. Ogni vera crescita avviene spiritualmente, le cose mondane come il possesso e l’appetito smodato soffocano lo Spirito. L’avidità diventa il nostro Dio, ci incatena alla carne, ci impedisce di sperimentare la crescita e la felicità che Dio desidera per noi.

Mi venne detto di nuovo, questa volta non con le parole ma attraverso la conoscenza, che la cosa più importante che potevo fare nella vita era amare gli altri come me stesso. Ma per amare gli altri come me stesso, dovevo prima amare veramente me stesso. La bellezza e la luce di Cristo erano dentro di me, non dovevo fare altro che cercarle. Lo feci, come se avessi ricevuto un ordine, e vidi che avevo soppresso l’amore genuino che abitava nella mia anima. Dovevo farlo risplendere come una volta.

L’esperienza di rivedere la mia vita si concluse, gli uomini restarono seduti in silenzio, irradiando il loro assoluto amore per me. Il Salvatore era nella sua luce, sorrideva, felice per i miei progressi. Poi gli uomini conferirono di nuovo e mi dissero: “Non hai completato la tua missione sulla terra. Devi tornare. Ma noi non ti obbligheremo, la scelta deve essere tua”. Senza la minima esitazione replicai: “No, no. Non voglio tornare. Questa è la mia casa”. Niente mi avrebbe mai convinto ad andarmene. Uno degli uomini parlò con altrettanta fermezza: “Il tuo lavoro non è completo. E’ meglio se torni”. Non volevo tornare. Avevo imparato da bambino come averla vinta, e utilizzai gli stessi sistemi. Mi gettai per terra e cominciai a piangere. “Non voglio tornare”, piagnucolai, “e nessuno mi costringerà! Voglio stare qui nel mio mondo a cui appartengo. Io ho chiuso con la terra!”

Gesù non era molto lontano da me, emanava ancora la Sua luminosissima luce. Mi si avvicinò, sentii che era preoccupato per me. Ma era in parte divertito. Comprendeva il mio stato d’animo, e capiva il mio desiderio di voler restare. Io mi alzai, e Lui disse al Consiglio: “Mostriamogli in che cosa consiste la sua missione” Poi si voltò di nuovo verso di me e disse: “Ti verrà mostrata quella che è la tua missione in modo che tu possa prendere una decisione chiara. Ma dopo dovrai fare una scelta. Se torni sulla terra, gran parte di quel che ti è stato mostrato verrà cancellato dai tuoi ricordi”. Anche se con riluttanza acconsentii.

Dopo che vidi qual’era la mia missione, sentii che dovevo tornare. Benché odiassi l’idea di lasciare quel mondo di luce e di amore per un mondo che offriva solo incertezze e sofferenza, la mia missione mi obbligava a farlo. Prima però volli una promessa da tutti i presenti, incluso Gesù. Gli feci promettere che mi avrebbero riportato a casa nell’attimo stesso in cui la mia missione fosse stata completata. Non ero disposto a trascorrere un minuto in più del necessario sulla terra. La mia casa era con loro. Accettarono le mie condizioni, e iniziarono le “manovre” per il mio ritorno. Il Salvatore mi si avvicinò ancora e mi disse quanto era contento della decisione che avevo preso. Mi rammentò che una volta sulla terra non sarei stato in grado di ricordare qual’era la mia missione. “Non devi rimuginarci sopra”, mi consigliò. “Compirai la tua missione quando sarà il momento”. “Oh, come mi conosce bene!” pensai. Sapevo che se fossi stato in grado di ricordare qual’era la mia missione, sicuramente avrei fatto di tutto per compierla il più presto possibile e probabilmente anche in modo maldestro.

Le parole del Salvatore sono state messe in pratica. I dettagli della mia missione sono stati cancellati dalla mia memoria. Non ricordo niente di niente e, stranamente, non desidero neanche pensarci.

Ogni volta che penso alla promessa del Signore di farmi tornare quando la mia missione sarà completata, mi risuonano nella mente le Sue ultime parole: “I giorni sulla terra sono brevi. Non starai lì a lungo, presto tornerai qui”. Alleluia!

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